Proverbi

I PROVERBI

Il proverbio ò un detto popolare che condensa un insegnamento tratto dall’esperienza. È una massima che contiene norme, giudizi, dettami o consigli espressi in maniera sintetica, molto spesso in metafora e in rima e sono un patrimonio di cultura popolare, saggezza e sagacia che ha ancora qualcosa da dirci. Conoscere i proverbi o almeno alcuni di essi è anche un modo di recuperare le radici della nostra comunità. I proverbi sono centinaia e interessavano tutti gli ambiti della vita. Noi daremo qualche esempio di proverbi che riguardano il tempo con particolare attenzione alla vita dei campi che dipendeva molto dalla stagione e poi qualche esempio di proverbio educativo.

PROVERBI CONTADINI

 Dop tant ani e dop tant méz, tórna l’ acua aj so paéz. (dopo tanti anni e tanti mesi l’acqua torna al suo paese cioè dove era già stata).È un tipico proverbio che proviene dall’esperienza e consiglia attenzione prima di comprare poderi costeggianti còrsi d’acqua perché ricorda che l’acqua dei rivi, dei torrenti, dei fiumi, dopo un periodo d’anni indeterminato, torna a rioccupare le terre alluvionali, a cui han dato origine. 

L’ oc’ dal padrón ingràsa al cavàl (l’occhio del padrone ingrassa il cavallo). L’ occhio del padrone ingrassa il cavallo. Si tratta di un saggio suggerimento, sempre valido che cin dice che la l’attenzione dell’interessato è molto importante per la buona riuscita di qualunque progetto o affare.

L’ ombra ‘d l’ istè la fa mäl a la pansa d’ invèron (l’ombra dell’estate fa male d’inverno). Vuol dire che l’agricoltore che poltrisce d’estate, che è il periodo di maggior lavoro nei campi, in inverno rischia di patire la fame.

 Coll ch’ è in-t-i camp, l’è di Dio e di Sant. (quello che è nei campi è di Dio e dei Santi). Che il raccolto sia buono o scarso dipende molto dalla stagione (pioggia e sole nei periodi giusti ecc.). Questo proverbio, specialmente nel passato, è stato volutamente male   interpretato e le ruberie nei campi, specialmente di uve, erano frequenti.

 PROVERBI EDUCATIVI

Le mamme, un tempo, utilizzavano spesso anche la saggezza dei proverbi per educare i figli. Per educarci al rispetto del cibo e a non sprecare ci diceva: “Al Sgnór l’é zmontè da cavàl par tór su ‘na briza äd pan”. (Il Signore è sceso da cavallo per raccogliere una briciola di pane). Il Signore non aveva il cavallo ma il messaggio risulta chiaro.

Per inculcarci la generosità anche verso gli altri diceva: Tutti il bòcchi j én soréli, meno che còlla dal fóron (Tutte le bocche sono sorelle, meno quella del forno).

Quando, ad esempio, facevamo fatica a svegliarci dicevano: Ala sira león, a la maten’na cojón (alla sera leoni al mattino coglioni).

 il valore dell’amicizia viene esaltata da quest’altro proverbio. Un nemigh l’è trop e sént amigh j én poch (un nemico è troppo e cento amici sono pochi). Il significato di questo proverbio molto saggio è trasparente e non richiede particolari spiegazioni.

 ALTRI PROVERBI

 Chi condana al pól sbaljär, chi pardón’na al ne sbalja mäi (chi condanna può sbagliare, chi perdona non sbaglia mai).

 La coresjón la pól fär bombén, mo l’incoragiament al fa äd pu”. (La correzione può fare molto ma l’incoraggiamento fa di più).

 È mej un cativ d’acordi che ‘na bón’na senténsa (è meglio un cattivo accordo di una buona sentenza, cioè che andare in giudizio). Traspare tutta la diffidenza verso il mondo degli avvocati e dei giudici.

Fa pu chi vól che chi pól (fa più chi vuole che chi può). Sottolinea l’importanza della buona volontà

 L’é méj un aiut che sént consìlli (meglio un aiuto di 100 consigli). È un invito alla concretezza fattiva.

Prodotti e cucina

Parma è considerata a livello internazionale  una delle capitali della alimentazione  e della buona tavola  grazie ai suoi prodotti ed eccellenze Alimentari . Non a caso, il 13 dicembre 2003 è stata scelta come sede permanente dell’Autorità Europea  per la Sicurezza Alimentare (EFSA),  che fornisce  alla Commissione Europea consulenze scientifiche  su tutto ciò che ha ripercussioni  dirette o indirette  sulla sicurezza alimentare.La nostra città inoltre è stata riconosciuta dall’UNESCO Città Creativa per la gastronomia nel 2015. Da non dimenticare che siamo la sede di una Fiera Internazionale biennale su gli alimenti CIBUS e che nel nostro territorio sono presenti storici leader internazionali nella tecnologia per l’industria delle conserve. Da non dimenticare poi gli otto musei del cibo presenti nel nostro territorio. La cucina parmigiana, di antichissime tradizioni, è figlia del burro e del formaggio ed è ricca di sapori e profumi che rendono le sue specialità molto famose in tutto il mondo.

 

Glossari

I NUMERI     1 = Vón, 2 = du, 3 = tri, 4 = quator, 5 = sinch, (sincov come pronome) 6 = séz, 7 = sètt, 8 = ot, 9 = nóv, 10 = déz, 11 = vundoz, 12 = dodoz, 13 = treddos, 14 = quatordoz, 15 = quindoz, 16 = sèddoz, 17 – darsètt, 18 = dezdòt, 19 = deznóv, 20 = vint, 21 = vintón, 30 = trénta, 40 = quaranta, 50 = sinquanta, 60 = s‘santa, 70 = s’stanta, 80 = otanta, 90 = novanta, 100 = sént, 500 = sinchsént, 1000 = mill.

I GIORNI DELLA SETTIMANA   Lunedì = lundì, martedì = martedì, mercoledì = marcordì, giovedì = giovedì, venerdì = venardì, sabato = sabot, domenica = domenica

I MESI      Gennaio = znèr, febbraio = farvèr, marzo = mèrs, aprile = avril, maggio = mag’, giugno = zuggn, luglio = luj, agosto = agosst, settembre = setémbor, ottobre = otobbor, novembre = novembor, dicembre = dzémbor, primavera = primavéra, estate = istè, autunno = avtón, iverno = invèron

IL TEMPO      mattino = matén’na, mezzogiorno = mézdì, dopomezzogiorno = dopmézdì, tramonto = tramónt, sera = sira, mezzanotte = mézanota, notte = nota, secondo = sec@nd, minuto = minud, ora = @ra, giorno = gior@n, settimana = stmana, mese = méz, anno = an’, secolo = sécol, sempre – sémpor, mai = mäi, subito = subìt, tempo fa = témp fa, adesso = adés, fra poco = a momenti, qualche volta = ‘na quèlca volta, sempre = sémpor.

LE FESTE     Natale = Nadèl, Santo Stefano = San stévon, primo dell’anno = primm ‘d l’an’, befana = befana, carnevale = carnvèl, Pasqua = Pasqua, pasquetta = pasquètta, ferragosto = feragosst, i Santi = i Sant, i Morti = i Mort, fésta della Repubblica = fésta ‘dla Repubblica, fésta dei lavoratori = fésta di lavoradór.

TERMINI VARI   abbaino luzrón – acciuga = anciovva – asparagi = sparoz – albicocca = muliäga arcobaleno = ärcbaléstor – barbabietole = bedrèva carrucola = sidéla – girino = testón botol gnocchi – zgranfgnón – grattugia = razóra – tartaruga = bissa scudlära – quarto di vino = fojètta – strofinaccio = boras – scoiattolo = zghirag’ – brace tizzone = borniza – custodia del pollame – corga misóra = piccola falce a mezza luna – gavél = pala per il focolare – mansarén = scopino di saggina – triggn = vaso di terracotta per i grassi. – zov = giogo per buoi – triblón = strumento per battere il grano nell’aia.

 

Denominazione verdure

DENOMINAZIONE VERDURE

DIALETTO DI PARMA sedano, radicchi, insalata, zucchini, fagiolini, patate, pomodori, prezzemolo, finocchi, verze, cavoli, limoni, rapanelli, asparagi, cetrioli, piselli

DIALETTO DELLA BASSA sedano, radicchi, insalata, zucchini, fagiolini, patate, pomodori, prezzemolo, finocchi, verze, cavoli, limoni, rapanelli, asparagi, cetrioli, piselli

DIALETTO VALPARMA sedano, radicchi, insalata, zucchini, fagiolini, patate, pomodori, prezzemolo, finocchi, verze, cavoli, limoni, rapanelli, asparagi, cetrioli, piselli

DIALETTO DI VALTAROA sedano, radicchi, insalata, zucchini, fagiolini, patate, pomodori, prezzemolo, finocchi, verze, cavoli, limoni, rapanelli, asparagi, cetrioli, piselli

ISA GUASTALLA

ISA GUASTALLA AL MARIA LUIGIA

Articolo di Antonio Bertoncini

Al nostor Batistéri l’é sté ‘na scuza per parlär in djalétt: a cimentarsi con la lingua madre dei nostri nonni è stata la professoressa Isa Guastalla, allieva di Attilio Bertolucci, già docente di italiano e latino al Marconi, che ha accolto l’invito della Consulta per il dialetto parmigiano a tenere una conferenza presso il teatro del Convitto Maria Luigia, per spiegare in vernacolo il suo particolare amore per la piazza più bella di Parma e soprattutto per quel  capolavoro assoluto, che è il Battistero ottagonale dell’Antelami.

Isa Guastalla al Maria Luigia

ISA GUASTALLA AL MARIA LUIGIA Articolo di Antonio Bertoncini

Al nostor Batistéri l’é sté ‘na scuza per parlär in djalétt: a cimentarsi con la lingua madre dei nostri nonni è stata la professoressa Isa Guastalla, allieva di Attilio Bertolucci, già docente di italiano e latino al Marconi, che ha accolto l’invito della Consulta per il dialetto parmigiano a tenere una conferenza presso il teatro del Convitto Maria Luigia, per spiegare in vernacolo il suo particolare amore per la piazza più bella di Parma e soprattutto per quel  capolavoro assoluto, che è il Battistero ottagonale dell’Antelami. “Non l’abbiamo chiamata a caso – ha affermato Giovanni Mori, curatore della rassegna “Diciamolo in dialetto” – ma perché Isa Guastalla, per il suo riconosciuto alto spessore culturale, è la dimostrazione che il dialetto non è la lingua degli ignoranti, ma un patrimonio da conservare e valorizzare, da sdoganare per chi lo conosce ma si vergogna e non lo parlerebbe neppure sotto tortura”. Ma il faticoso lavoro della Consulta sembra dare buoni frutti, se – come ha reso noto Giuseppe Mezzadri in apertura della conferenza – sono già 53 gli iscritti al corso di dialetto che si terrà presso la Famija Pramzàna. Intanto è arrivata questa apprezzata conferenza di una donna di cultura che non è una storica dell’arte, ma riesce a trasmettere la passione per una delle più alte espressioni culturali dell’epoca medioevale: “In-t-al Batistéri – ha spiegato – a gh’è tutta la storia dal Cristianezim, a gh’è sémpor quél da imparär a guarderol”. E ha dimostrato come architettura, scultura e pittura si fondano mirabilmente nel monumento antelamico, con la sua pianta ottagonale e i suoi stupendi portali, a cominciare da quello dell’Adorazione dei Magi (in cui c’è la “firma” dell’Antelami), per passare al Giudizio Universale (“con un Dio ch’al fa un po’ paura”), per arrivare all’Albero della vita (“indò il bestij i rosgon il ravizi”). All’interno, la vita di tutti i giorni con le stagioni (“béla bombén la Primavera”) e i mesi rappresentati dal lavoro: znär a taca al fógh, farvär con i lavór di camp, märs col subjól ch’al la sónna quand al vól”), zuggn con la misóra cla taja al formént, par rivär a novémbor con la bedräva e a dzémbor con la podadura. Poi c’è la cupola che mette insieme il Vecchio e il Nuovo Testamento, e c’è la statua di Salomone con la Regina di Saba, a chiudere la non facile ma gradevole lezione della “prof Guastalla”. Rigorosamente in dialetto anche l’intervento del docente universitario Guido Michelini, che è partito dalle origini della nostra lingua, figlia del latino volgare e degli idiomi celtici, per spiegare che “al dialétt  al ne sparirà miga, mo al cambiarà bombén”, proprio perché è ancora vivo e fa parte della nostra identità culturale.

 

La Famija Pramzàna

La Famija pramzana

Nata nel febbraio del 1947 la Famija Pramzana è una delle associazioni più storiche di Parma; ha sede nella Porta San Francesco, unica porta storica rimasta delle mura cittadine, in Viale Vittoria 6; il salone d’onore è intitolato a Pietro Barilla. La prima sede fu in via Al Duomo. E’ stata costituita come sintesi e garante delle tradizioni parmigiane, del dialetto,della maschera cittadina Al Dsèvod, dellaletteratura parmigiana, dei rapporti con i parmigiani all’estero, della solidarietà popolare. Sono stati soci della Famija poeti vernacoli come Renzo Pezzani che ne ha scritto l’inno ed il musicista Ildebrando Pizzetti che lo ha musicato. Altri soci illustri sono stati: Jacopo Bocchialini, Latino Barilli, Glauco Lombardi, Renata Tebaldi, Pietro Barilla, Ninetto Camattini, Luigi Vicini, Alfredo Zerbini. Un membro della Famija fa parte di diritto  della commissione comunale toponomastica. Sono soci onorari della Famija, per statuto, alcune autorità cittadine. Le principali attività della Famija Pramzana sono: “I giovedì culturali” che vedono frequenti incontri con intellettuali parmensi sui temi della città  e della cultura; la valorizzazione della “Biblioteca del dialetto parmigiano” nata dalla donazione dei propri 700 volumi alla Biblioteca Civica del Comune di Parma; l’assegnazione della “Scarpèta d’ora”, ogni anno, ad una persona che abbia dato onore alla città; la celebrazione della Festa del Patrono Sant’Ilario e di altri momenti tradizionali di Parma come “la Rugiada di San Giovanni”, il gioron di mort e Santa Lucia; la pubblicazione del giornalino “Al Pont ad mez” e di libri su Parma; il Concorso per poesie ed atti teatrali in vernacolo intitolato a Ubaldo Grassi, uno storico presidente; corsi di dialetto per vari livelli; attività nelle scuole sulle tradizioni e per il dialetto; rassegne di spettacoli teatrali in vernacolo con la Compagnia dialettale della Famija Pramzana; l’iniziativa “Al Cestén ad Nadal” per sostenere la solidarietà popolare; promozione e gestione della Maschera locale “Al Dsèvod” valorizzata non come figura carnevalesca, ma come espressione delle tipicità  e delle tradizioni parmigiane, gite e visite guidate. La Famija Pramzana è stata l’artefice, insieme ai promotori, della nascita a Parma della “Festa della storia” e della “Consulta del Dialetto parmigiano”; ha messo la propria sede a disposizione del gruppo folcloristico “Porta San Francesco” che più volte ha vinto l’annuale “Pallio di Parma” e dei giovani del liceo musicale Bertolucci. In particolare organizzando a maggio, con il sostegno di altre associazioni e di tutta la città, la manifestazione annuale “Maschere Italiane a Parma”, ha favorito, diventandone anche la sede nazionale, la costituzione del “Centro Nazionale di coordinamento delle Maschere Italiane” espressioni delle tradizioni e delle tipicità locali di tutta Italia. Oggi la Famija continua ad essere una Associazione di Promozione Sociale con personalità giuridica, con oltre 350 soci, fortemente inserita nella città, aperta ai giovani ed ai nuovi parmigiani che vogliono conoscere la storia, la cultura e le tradizioni locali; è un luogo di incontro e di socializzazione per anziani ed anche giovani interessati al passato, al presente ed al futuro della propria città. Parma, 2017.
Fiore all’occhiello della Famija Pramzàna è una manifestazione, nata nel 2012, dall’iniziativa della maschera parmigiana, al Dsevod (Maurizio Trapelli), che ha portato a Parma le maggiori maschere italiane offrendo ad ognuna, grazie ad una serie di eventi, la possibilità di conoscere e farsi conoscere dai parmigiani, che hanno gradito. Cliccare su link per notizie sulle maschere a Parma (link)

MASCHERE ITALIANE A PARMA -VELENZA CULTURALE

Associazione culturale “PARMA NOSTRA”

  • L’Associazione culturale “Parma nostra”

Il sodalizio è stato costituito con atto davanti al Notaio Andrea Borri il 15 maggio 1979. L’Associazione è apolitica, apartitica, aconfessionale, con carattere culturale che si pone l’obiettivo del recupero e della salvaguardia di tutto quanto si può catalogare come cultura parmigiana, quindi interventi nel campo del dialetto, della storia, dell’arte, delle tradizioni ecc. I principali impegni della nostra Associazione sono: Il Lunario Parmigiano, il Premio S.Ilario di Parma Nostra,  la Collaborazione con il Comune di Parma in Commissione di Toponomastica. Altri impegni, seppure per sommi capi, sono la collaborazione con la Consulta per il dialetto parmigiano e nei Corsi di dialetto. Notevole il lavoro nel campo dell’editoria, 18 titoli, in cui ha collaborato in vari modi: Il meglio dei 35 del Lunario parmigianola Nostra ParmaImpariamo il dialetto parmigianouna vita in Monastero, vari numeri di Omnibus e tanti altri nonché vari articoli pubblicati sulla Gazzetta di Parma. Inoltre un forte impegno per dare a Parma un monumento ai concittadini popolari e/o famosi tramite il quale sono stati realizzati in collaborazione con Istituzioni e finanziatori: busto in bronzo di Giuseppe Verdi, donato al Sindaco, gruppo in bronzo del Mat Sicuri posto in Piazzale della Macina, statua in bronzo di Arturo Toscanini eseguita dallo scultore Maurizio Zaccardi. (il presidente Renzo Oddi)

ASSOCIAZIONE CULTURALE “PARMA NOSTRA”

  • L’Associazione culturale “Parma nostra”

Il sodalizio è stato costituito con atto davanti al Notaio Andrea Borri il 15 maggio 1979. L’Associazione è apolitica, apartitica, aconfessionale, con carattere culturale che si pone l’obiettivo del recupero e della salvaguardia di tutto quanto si può catalogare come cultura parmigiana, quindi interventi nel campo del dialetto, della storia, dell’arte, delle tradizioni ecc. I principali impegni della nostra Associazione sono: Il Lunario Parmigiano, il Premio S.Ilario di Parma Nostra,  la Collaborazione con il Comune di Parma in Commissione di Toponomastica. Altri impegni, seppure per sommi capi, sono la collaborazione con la Consulta per il dialetto parmigiano e nei Corsi di dialetto. Notevole il lavoro nel campo dell’editoria, 18 titoli, in cui ha collaborato in vari modi: Il meglio dei 35 del Lunario parmigianola Nostra ParmaImpariamo il dialetto parmigianouna vita in Monastero, vari numeri di Omnibus e tanti altri nonché vari articoli pubblicati sulla Gazzetta di Parma. Inoltre un forte impegno per dare a Parma un monumento ai concittadini popolari e/o famosi tramite il quale sono stati realizzati in collaborazione con Istituzioni e finanziatori: busto in bronzo di Giuseppe Verdi, donato al Sindaco, gruppo in bronzo del Mat Sicuri posto in Piazzale della Macina, statua in bronzo di Arturo Toscanini eseguita dallo scultore Maurizio Zaccardi. (il presidente Renzo Oddi)

ASSOCIAZIONE CULTURALE “PARMA NOSTRA”

Preghiere popolari in dialetto

PREGHIERE POPOLARI IN DIALETTO

Le preghiere in dialetto erano molto diffuse, seppure in numerose varianti, nelle nostre campagne e in tutto il nord Italia. Probabilmente lo erano perché il dialetto era l’unica lingua veramente conosciuta bene e permetteva alle persone di comprendere appieno il significato di quanto dicevano.

L’origine non è nota. Sicuramente vengono da lontano. Si ipotizza che alcune derivino dalla laudi medioevali.

Il prof. Giovanni Petrolini, a proposito delle preghiere scriveva:

 (“La gente parmense se le è tramandate sino ad oggi di famiglia in famiglia, di generazione in generazione, fedelmente, come un suo unico ma vitale patrimonio. Adesso stanno per concludere il loro lungo viaggio iniziato chissà dove chissà quando. Non sono certo rime “alate” né “divine”. Eppure un miracolo l’hanno compiuto. Sulle ali robuste della memoria popolare hanno volato per anni e anni, alcune per secoli, finché ad abbatterle non venne l’industrializzazione, La motorizzazione, l’urbanizzazione, la secolarizzazione e le altre – izzazioni: e fu l’inizio della loro fine. A ricordarle sono rimasti in pochi, pochissimi ancora le usano: per lo più è gente di campagna, vecchi donne e bambini…)

Cliccare sotto per l’elenco completo delle preghiere in dialetto

PREGHIERE POPOLARI IN DIALETTO

Preghiere in dialetto

PREGHIERE POPOLARI IN DIALETTO

Le preghiere in dialetto erano molto diffuse, seppure in numerose varianti, nelle nostre campagne e in tutto il nord Italia. Probabilmente lo erano perché il dialetto era l’unica lingua veramente conosciuta bene e permetteva alle persone di comprendere appieno il significato di quanto dicevano.

L’origine non è nota. Sicuramente vengono da lontano. Si ipotizza che alcune derivino dalla laudi medioevali.

Il prof. Giovanni Petrolini, a proposito delle preghiere scriveva:

 (“La gente parmense se le è tramandate sino ad oggi di famiglia in famiglia, di generazione in generazione, fedelmente, come un suo unico ma vitale patrimonio. Adesso stanno per concludere il loro lungo viaggio iniziato chissà dove chissà quando. Non sono certo rime “alate” né “divine”. Eppure un miracolo l’hanno compiuto. Sulle ali robuste della memoria popolare hanno volato per anni e anni, alcune per secoli, finché ad abbatterle non venne l’industrializzazione, La motorizzazione, l’urbanizzazione, la secolarizzazione e le altre – izzazioni: e fu l’inizio della loro fine. A ricordarle sono rimasti in pochi, pochissimi ancora le usano: per lo più è gente di campagna, vecchi donne e bambini…)

PREGHIERE IN DIALETTO

Espressioni del sacro

ESPRESSIONI DEL SACRO NELLA QUOTIDIANITÀ

Scriveva don Moroni che un tempo i segni del sacro erano molto presenti. C’erano le processioni, le novene, i rosari, le devozioni ai santi ecc. e questo faceva si che il Signore, la Madonna e i santi, a dispetto di un catechismo un po’ “freddo”, fossero presenze vive e familiari ai quali di dava del “tu”. Fra questi “segni del sacro” ritengo si possano includere anche i numerosi modi di dire ed esclamazioni che facevano riferimento a Cristo, a Dio Padre, il santo del giorno ecc

cliccare  per il testo completo ESPRESSIONI DEL SACRO